Di questi tempi, Palazzo Yacoubian dovrebbe diventare una lettura obbligatoria nelle scuole, un libro a distribuzione gratuita (o quasi) nelle edicole, un film che raggiunga il grande pubblico (ormai ci siamo, la pellicola è stata girata con un budget stratosferico per i canoni del cinema arabo e presto sarà nelle sale). Insomma tutti, per un verso o per l’altro, dovrebbero conoscere storie e personaggi di questo romanzo, che abbina a un’altissima valenza letteraria un ancor più importante valore sociologico, alla maniera dei tanti film e romanzi neorealisti che, negli anni Cinquanta, raccontarono al mondo l’Italia del dopoguerra.
Palazzo Yacoubian è stato pubblicato in Egitto, tra mille difficoltà, un anno dopo l’11 settembre 2001, e da allora è il libro più venduto nel mondo arabo dopo il Corano. Con i toni ora brillanti ora amari della commedia, il suo autore Ala-Al-Aswani (che per anni nello Yacoubian vero del Cairo ha avuto il suo studio dentistico) racconta le microstorie degli abitanti di questo vivacissimo palazzo, che per ospiti, litigi, urla, pettegolezzi ricorda un qualunque condominio del Sud Italia: c’è la ragazza bella e prosperosa costretta a farsi palpare dal suo datore di lavoro per mantenere il posto di commessa, c’è il suo fidanzato che sogna un futuro in polizia, negatogli in quanto figlio di misero portiere, e che da giovane mite e pacifico finisce per diventare un kamikaze; c’è il vecchio trafficone che compra un posto in politica e il giornalista gay protagonista di una tragica storia d’amore…
Spirito di osservazione da entomologo e abilità nell’intreccio di destini e personaggi hanno assicurato all’autore la definizione (che condividiamo) di “Robert Altman in salsa mediorientale”, ma avendo conosciuto Aswani in occasione di un incontro pubblico, la sensazione è che, più che onori letterari o riconoscimenti di stile, il suo Palazzo Yacoubian voglia attirare un’attenzione politica sul mondo musulmano, che il libro venga letto come un reportage neanche troppo romanzato sulla insostenibile situazione egiziana ed araba in genere.
“Ho scritto questo libro anche per trattare il tema della religione. In Egitto sono presenti le tre più grandi religioni monoteiste, l’Islam, il Cristianesimo e l’Ebraismo, ma il problema non è la religione ma l’interpretazione che si dà di essa. Come forse sapete, l’Islam è nato nel deserto ma poi si è sviluppato e ha prosperato nei grandi luoghi dove esisteva la civiltà, in Iran, in Iraq e in Medio Oriente. La realtà dell’Egitto è fondata su due elementi estremamente negativi: la dittatura e, una sua conseguenza, la povertà di milioni di persone. Molti egiziani sono stati costretti ad emigrare in Arabia Saudita per cercare lavoro e una fonte di guadagno; lì sono entrati in contatto con una realtà molto ricca ma anche permeata di wahabismo, che è una delle interpretazioni più intolleranti dell’Islam. Questo ha portato conseguenze negative su tutto l’Egitto.”
(…) M. Murizzi
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